A volte le parole possono far vedere, a volte alcune immagini si fanno ascoltare. Ho avuto modo di "leggere" il libro fotografico " VENEZIA Circumnavigazioni e derive" di Roberto Salbitani e solo apparentemente è un libro fotografico senza parole, queste appaiono allor quando ci si presenta soli davanti alle immagini, lasciando fuori da noi stessi quello che siamo per gli altri. E' un libro difficile, come lo è identificare con delle immagini il proprio vissuto. L'autore prende spunto da Venezia per riflettere similitudini e contraddizioni generate da questo luogo per convogliarle e conformarle alla sua personalità; è una presa coscienza e conseguentemente una ripresa di uno stato d'animo. Le immagini sono in un campo cerchiato, una forma che pure focalizzandolo, suggerisce l'instabilità e l'evoluzione del pensiero più certo. E' un confine senza i consueti riferimenti, che lascia a quanto visualizzato il volere andare oltre ed il suo potere ritornare. "VENEZIA Circumnavigazione e derive" è un libro dove il testo è latente come i sali d'argento che insieme all'autore lo hanno generato ed ognuno di noi nella propria sensibilità saprà interpretare, consci comunque che al girare della pagina quanto percepito sarà già cambiato. Pagina Evento
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Claude Andreini
22/2/2013 05:54:30
Una serata che ha confermato che la fotografia è diventata ormai adulta, non più sorellina minore della pittura, come troppi ancora la considerano. Salbitani, non solo grazie alle sue eccezionali stampe su carta baritata in camera oscura ma anche alla sua decisione di trasferirle in un libro la cui carta pesante "spappola" gli originali, dimostra quanto l'arte fotografica è "interpretazione". Conferna che la fotografia non è unicamente uno strumento di documentazione. Penso che questa limitazione, che colpisce tutt'oggi, sia legata alla falsa idea dell'atto veloce nella realizzazione dell'immagine , nei confronti della "lenta e pensata" pittura, ma non solo. In effetti, penso lo sia anche all'euforia che sicuramnente ha accompagnato dagli albori questa tecnica che permetteva di "immortalare" la materia e di "fermare" il tempo con precisione chirurgica. Se si può capire questi sentimenti di 150anni fa, ormai è più che urgente conferire un'altra valenza alla fotografia. Alcuni mi diranno che è già stato fatto? Certamente. Tuttavia, la difficoltà che si percepisce nel pubblico nel seguire un Salbitani di turno, associata alla marea di immagini facili che ci viene schiaffata in faccia ogni giorno, mi lasciano perplesso sulla consapevolezza del valore interpretativo della fotografia. A prova, il valore sempre sconvolgente delle "croste" ad olio o acrilico che si trovano sul mercato accanto a svendute vere opere d'arte fotografiche, considerate come risultato semplicissimo di un click di una frazione di secondo. A prova la marea di trasmissioni, di studi sulla pittura accanto al vuoto della presentazione della fotografia. Insomma, perchè a scuola si studia Raffaello o Michelangelo e non si sa chi sia Witkin, Sieff o Newton? A meno che si parli di Isaac.
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